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LA DIFFAMAZIONE ATTRAVERSO I SOCIAL MEDIA

La diffamazione attraverso l’utilizzo dei social media

I social media sono divenuti un mezzo attraverso i quali molte persone ritengono di avere una sorta di immunità, un mondo dove è tutto consentito, in cui si può scaricare la propria rabbia.

Il problema, invece, deve essere affrontato applicando la legislazione vigente, sia per quanto riguarda la responsabilità civile, sia per quanto riguarda quella penale. Anzi, la capacità dei social di raggiungere un numero elevatissimo di persone rende ancora più grave questa condotta.

La giurisprudenza, in un caso, ha ad esempio considerato il profilo Facebook quale luogo aperto al pubblico, in considerazione del fatto che l’accesso risulta consentito a tutti gli utilizzatori del predetto social network (Cass. 37596/2014).

E proprio di diffamazione aggravata si è di recente occupata la Corte di Cassazione, V Sezione penale, con la sentenza n. 40083, pubblicata in data 6 settembre 2018.
La stessa, infatti, ha avuto modo di affermare come la comunicazione di contenuti diffamatori con più persone, avvenuta sul social network denominato Facebook e, in particolare, attraverso la “bacheca” di un utente, visualizzabile da tutti coloro che hanno accesso all’anzidetto profilo, costituisce diffamazione aggravata.

Ciò perché la pubblicazione di contenuti attraverso i social network rappresenta senza dubbio una forma di “comunicazione con più persone” e, pertanto, corrisponde perfettamente alla fattispecie delineata dall’art. 595, III comma, c.p.

Come detto, tale condotta diffamatoria risulta potenzialmente idonea a raggiungere un numero indefinito e numericamente considerevole di persone, a prescindere se, tra queste, vi sia anche il “destinatario” delle espressioni offensive.

Ciò precisato, analizziamo quali sono gli strumenti giudiziari per reagire alla diffamazione. Innanzitutto, occorre sapere che la persona offesa, se vuole perseguire la persona responsabile della diffamazione, deve depositare la querela entro 3 mesi, che decorrono dal momento in cui l’interessato ha preso conoscenza del testo pubblicato sul social. Mentre, se si vuole sono ottenere il risarcimento danni ai sensi dell’art 2043 c.c, il termine entro il quale dovrà agire è di 5 anni, ma tale termine è di prescrizione e non di decadenza.

Chiariamo anche che, qualora la Procura della Repubblica esercitasse l’azione penale, la persona offesa dal reato potrebbe costituirsi parte civile nel processo penale.

Ogni iniziativa deve però essere promossa da un legale, anche al fine di rendere efficace le istanze risarcitore della persona offesa.